2009/08/25

TERZA PUNTATA


Lasciamo anche le Black Hills e facciamo una sosta a Hill City, un bel paesino stile western, dove troviamo un negozio ben fornito di articoli sportivi in cui facciamo compere e dove otteniamo informazioni su alcune zone d'arrampicata dei dintorni.



Quindi ci dirigiamo verso le Badlands, ma prima ci fermiamo a Wall e visitiamo il suo drugstore, pubblicizzato da centinaia di cartelloni pubblicitari lungo la Highway 90. All'interno del mall ci sono diversi negozi che vendono souveenirs di gusto piuttosto discutibile in un ambiente "vecchio far west". Unica cosa interessante la mostra di fotografie scattate negli ultimi decenni dell'Ottocento,a testimoniare episodi di vita quotidiana al tempo dell'insediamento dei coloni.



Dormiamo in un parcheggio e il mattino seeguente, dopo aver acquistato l’annual pass, entriamo nel Parco delle Badlands, un territorio dove pinnacoli erosi dall’azione dell’acqua e del vento si innalzano maestosi dalle praterie. E’ un territorio aspro e inospitale, che appartiene alla tribù degli Indiani Sioux.









All'interno del Parco, in un caldo asfissiante, percorriamo in Notch Trail, un sentiero che, con l'aiuto ndi una scala a pioli, porta ad un passo da cui possiamo ammirare le praterie sotttostanti.





Alcuni cartelli ci avvisano che la zona è abitata dai serpenti a sonagli, ma noi, per fortuna, non ne incontriamo neanche uno!

Ghe vureva el Lüis.......




Dopo le Badlands, tenendo conto dei suggerimenti ricevuti, ci rechiamo nello Spearfish Canyon, dove ci sono diverse falesie di calcare che individuiamoa fatica, vista l’abbondanza di roccia(scadente) inframezzata da qualche parete non sempre facile da avvicinare, tenuto conto anche che essendo i primi giorni, soffriamo ancora dello snake leg (traduzione: paüra del biss). Nel pomeriggio un ripidissimo sentiero ci permette di raggiungere la base di una parete, ma ben presto inizia a piovigginare e noi giù di corsa, verso la nostra casa a quattro ruote!


Ma il mattino successivo siamo ancora lì e raggiungiamo la zona di Skeleton remains, così chiamata perchè i primi apritori trovarono uno scheletro di cervo alla base della parete. Mauro si diletta su alcuni tiri e dopo una sosta in lavanderia per fare il bucato e una notte trascorsa a Sundance, patria del famoso Sundance Kid, che pur essendo stato un fuorilegge senza scrupoli, per i Sundancesi è diventato un eroe (miracoli del businness turistico),iniziamo a macinare le miglia che ci condurranno alla Devil’s Tower.




Già in lontananza la Torre appare in tutta la sua maestosità, un vero monumento naturale dalle forme incredibili e quando ci si trova ai suoi piedi diventa a dir poco incombente.







Le giriamo intorno ammirandola da ogni lato e poi troviamo posto in un campeggio spartano dove, nel pomeriggio, prepariamo con cura il materiale che ci servirà l’indomani per affrontare la Durrance, la via di salita più famosa e frequentata.

Ma dopo una notte gelida, al mattino Giove pluvio la fa da padrone, una giornata grigia e piovosa che ci fa desistere dal tentativo alla Torre. Non approfittando della buona scusa decidiamo, viste anche le previsioni favorevoli di aspettare un giorno per ritentare.



Ci aggiriamo nei bei dintorni della Devil’s Tower, dove visitiamo un lago e vediamo tantissimi animali selvatici.







La mattina dopo, armi e bagagli, partiamo presto e seguendo le indicazioni del nostro libro (datato!!) andiamo alla ricerca dell’attacco, facendo una via di 3/4˚prima di arrivare alla base della parete, scoprendo alla fine che con un solo divertente tiro di 4˚ si arrivava nello stesso posto in metà tempo. Davanti a noi ci sono i soliti Americani affetti da bradipismo acuto, che fortunatamente ci fanno passare. Noi velocemente saliamo il primo tiro e poi, provate a indovinare? Tristemente buttiamo le doppie poichè la mano e il piede di Patrizia sono stati messi a dura prova già al primo tiro. Comunque la Torre è sempre lì e non ci son progetti, a breve, di spianarla.










Dai, che il prossimo anno portiamo il Luigi e andiamo a farla tutti insieme...!!!!!!

2009/08/19

SECONDA PUNTATA

Eccoci di nuovo, ma questa volta, come vi abbiamo anticipato, vi proponiamo il racconto del nostro viaggio a partire dall’inizio.
Incuranti della data, presagio di sventura nella cultura popolare, partiamo da Milano venerdì 17 Luglio, ma arrivati ad Atlanta perdiamo la coincidenza per Denver. Alla fine, dopo 5 ore di attesa, ci imbarchiamo su un altro volo e arriviamo a destinazione che è già notte fonda e qui gli Americani ci dimostrano il loro altruismo aiutandoci a trovare la navetta che ci porterà in albergo a suon di telefonate.

Dopo un dormitone ristoratore andiamo a ritirare il camper che abbiamo noleggiato, che sarà la nostra casa per un mese,
e ci dirigiamo verso Boulder, Caput mundi, meta di cui abbiamo già parlato e inizio e fine del nostro viaggio. Qui stiamo un paio di giorni per esplorare le zone di arrampicata circostanti e per riprenderci dal jet lag.




Nelle immediate vicinanze di Boulder svettano i Flatirons, strutture di arenaria simbolo della città e solcati da innumerevoli vie.




Ma il posto più famoso e frequentato dagli arrampicatori è l’Eldorado Canyon, mecca del traditional, parola che mette paura solo a nominarla, dove anche noi andiamo a testarci sui gradi americani. Vista la mancanza di protezioni e il braccio di Patrizia, dietro cui si nasconde Mauro, ancora supportato da un tutore, decidiamo di provare un tiro su una struttura facilotta, che ci dà la carica per affrontare altri itinerari.













Continuiamo il nostro viaggio verso nord sostando a Estes Park, località alla moda, con le conseguenze del caso, e porta d’accesso al Rocky Mountain National Park. Anche qui non mancano belle pareti da scalare, questa volta di sanissimo granito, ma noi che siamo altruisti......lasciamo scalare gli altri!!!!
La zona più vicina alla città è Lumpy Ridge, corredata di belle pareti alte fino a 400 metri (misura Marsegaglia, probabilmente da dimezzare).



Insomma, per farla corta, e grazie anche ad un provvidenziale mal di testa di Mauro che ci procura la scusa, scarrucoliamo via, per approdare a Cheyenne, capitale del Wyoming, dove sappiamo che in questi giorni si tiene un famoso rodeo con tanto di Parade. Un paio di giornate in questo posto ci mostrano la faccia western degli Stati Uniti, con un corollario di personaggi alla John Waine e, per la gioia del Maureto, tante belle amazzoni!


I rodeos che si susseguono durante le giornate riescono a divertirci con qualche brivido e una domanda sorge spontanea: "Ma come fanno a non rompersi cavalcando toracci scalcianti e cavalli imbizzarriti ????"












Il giorno dopo ci aspetta la sorpresa di un “vero” bel posto di arrampicata: Vedauwoo, mecca delle fessure off widht e luogo di rara bellezza. E’ già sera quando arriviamo, ma il giorno dopo percorriamo alcuni tiri che ci mettono i brividi. Anche Patri partecipa al party !














Proseguendo il viaggio, i paesaggi delle grandi praterie alternate a foreste lasciate allo stato naturale ci strabiliano e ci ricordano tutta la filmografia degli anni d’oro del western, facendoci venire la pelle d’oca e dimostrandoci dove si sono ispirati i vari cartoonist del passato.






Dopo parecchie miglia raggiungiamo le Black Hills, dove si annidano i Needles,




ma non solo.....mandrie di bisonti, cervi, scoiattoli, porcini, laghi incantati.













Needles ? Tradotto letteralmente significa aghi e tali sono ! Dai boschi svettano decine e decine di pinnacoli di varie altezze e, meraviglia delle meraviglie, di roccia sanissima. Vorrai mica lasciarti scappare l’occasione ? E poi...... ci sono gli SPIT !!!!!!!!!










Per uscire dai Needles, dobbiamo attraversare dei tunnel che ci fanno pensare di guidare una supposta






Oh ragazzi, è tardi, andiamo a letto !
Il seguito alla prossima puntata......

2009/08/17

The opposite "BLOB"

Hi guys, eccoci qua finalmente!
A cominciare dalla fine anzichè dall’inizio..... e dopo aver acquistato un nuovo portatile, che ci ha permesso di ristabilire i contatti con il mondo.
Oggi 14 Agosto è l’ultimo giorno negli States. Questa mattina abbiamo riconsegnato il “glorioso” campervan, che nonostante l’eta’ (200.000 Km) e i disagi dovuti alle ristrettezze, ci ha portati in giro per 27 giorni in Colorado, South Dakota e Wyoming, saltellando tra falesie, montagne e Parchi Nazionali.

Ed ora full immersion nei comforts: doccia calda senza limiti, asciugacapelli, televisione, aria condizionata e, come in qualsiasi albergo americano che si rispetti, un comodo letto di una piazza e mezzo a testa.
Giusta pausa di relax per affrontare il lungo viaggio di ritorno che iniziera’ domani.
Per cui, vi racconteremo una “storia al contrario”.



Negli ultimi cinque giorni della nostra vacanza stabiliamo la nostra fissa dimora nella contea di Boulder, capitale dell’ arrampicata del Colorado e andiamo a “sperimentare” alcune falesie della zona, con risultati all’altezza dei personaggi......


Come primo assaggio passiamo con il camper nel Boulder Canyon, guardando con rispetto fifeggiante le pareti completamente prive di protezioni e alla fine optiamo per il Dome che, come si può desumere dal nome, è il piu’ domestico.
Saliamo una linea in fessura, portandola a termine tra le imprecazioni di Patrizia e leviamo quindi le tende, andandoci a godere gli artisti di strada nella vivace isola pedonale di Boulder.




Il giorno dopo saggiamente decidiamo di prenderci un giorno di riposo, visto che son più di venti giorni che trotterelliamo per il Nord America.
Prendiamo il nostro casone e driviamo fino a 50 metri dalla cima del Mount Evans, una montagna di oltre 4.300 metri e dopo una “streneous” salita di 15 minuti, tocchiamo la vetta, che offre, come sempre qua, panorami impensabili alle nostre latitudini. Avvistiamo anche branchi di bighorns e mountain goats.










La stessa sera visitiamo Idaho Springs, un grazioso villaggio, sede nel passato di miniere d’oro e lì dormiamo. Il mattino successivo, con in pugno la nostra fedele guida d’arrampicata ci spostiamo verso Golden, a poche miglia di distanza, alla ricerca non dell’oro, ma di una bolted area (non so se mi spiego!) che, a parte i puma, frequentatori della zona, si rivela molto interessante, ma anche molto rovente, visto che è rivolta a sud.
Mauro, col suo contrappeso di nome Patri, fa un po’ di tiri e nel pomeriggio battiamo in ritirata, prima di bollire....! Ci facciamo una wild shower all’esterno del nostro camperetto e quindi andiamo a far spese a Golden dove c’è un bel negozietto di mountaneering gear, nel quale ricompriamo gli occhiali persi da Mauro.


Golden è uno di quei paesi in cui uno andrebbe a vivere: è ricchissimo di attrattive sportive, tra le quali il Clear Creek, che è stato sagomato in modo da rendere possibile una discesa con i più disparati natanti, camere d’aria di camion comprese. E' frequentato, soprattuto nelle ore serali , da decine e decine di persone di tutte le età che dimostrano di divertirsi un sacco, facendo divertire anche noi spettatori con improbabili giravolte, a rischio annegamento. Oltre a questo, ci sono molti campi sportivi su cui abbiamo visto giocare a soft ball, con grande lena, squadre di donne più o meno mature, con risultati veramente sorprendenti. Tutto ciò ci ha meravigliati, perchè da noi certo non capita spesso!

Il giorno dopo, consigliati dalla simpatica ragazza del negozio di articoli sportivi, visitiamo il Clear Canyon, altra zona sportiva d’arrampicata.





Anche qui si ripete il giochetto e Mauro fa un po’ di tiri su una falesia per fortuna rivolta a nord, con gradi belli secchi, ma molto divertente, insegnando ai “locals” il repertorio di sacramenti dei Bresciani. A questo punto decidiamo di chiudere con l’arrampicata, visto che si sta avvicinando la partenza.

Torniamo per l’ultima volta nella vicina Boulder, anche questa una graziosa cittadina attraversata da un fiume in cui succedono più o meno le stesse cose che dicevamo sopra a proposito di Golden.
In più questa località possiede un affascinante centro storico pedonalizzato, rarità negli States, frequentato da simpaticissimi e strani personaggi, retaggio del passato hippy di questo centro abitato, che dà anche il nome alla Contea.
Dedichiamo l’ultimo giorno della nostra permanenza in Nord America allo shopping selvaggio, acquistando oltre che abbigliamento sportivo, articoli tecnologici, computer compreso, grazie al cambio favorevole che ci permette di spuntare buoni prezzi.
Però adesso il giochetto della storia al contrario ci ha smaronati, per cui riprenderemo il racconto dall’inizio .
A presto......